Ridurre costi e tempi delle controversie di lavoro
L'ATTUALE SCENARIO
E' difficile mettere il dito sulla piaga dell’eccessiva durata del contenzioso in materia di lavoro, senza peccare di superficialita'.
In sintesi uno dei settori a carico aumentato nel corso degli anni è quello della giustizia del lavoro, e per esso nessun sostegno è stato previsto dai passati e presenti governi.
Il che non è accaduto certo per oscura volontà politica ma è frutto dell'illusoria ed astratta previsione dell'effetto deflattivo del "tentativo obbligatorio di conciliazione" e della procedura arbitrale, ovvero secondo le previsioni del legislatore il "tentativo obbligatorio di conciliazione" avrebbe favorito col tempo la diminuzione dei contenziosi di lavoro; effetto che non si è realizzato per lo stato di dissesto catastrofico degli Uffici provinciali del lavoro e per l'inadeguatezza dello stato delle Commissioni di conciliazione.
Quadretto che nel suo insieme diviene lesivo della tutela giudiziaria dei diritti dei lavoratori in primis ma anche dei datori di lavoro; poiche' a seguito di una situazione per la quale le aziende, medio-grandi, si sono trovate a far fronte ad un altissimo numero di cause di lavoro, alimentate da veri o pretesi episodi di discriminazione, licenziamenti, furti, assenteismo, abusi sessuali, mobbing (per citarne alcuni), notevoli sono stati i costi sostenuti (giuridici e organizzativi) per la loro gestione.
OBBIETTIVO
Considerare come uno degli strumenti per uscire dalla crisi della giustizia laburistica un solerte ricorso a strumenti alternativi di risoluzione delle controversie quali la conciliazione e l’arbitrato irrituale.
L’arbitrato irrituale e' già riconosciuto dalla giurisprudenza, che dispone: «In caso di esito negativo del tentativo di conciliazione le parti possono definire consensualmente la controversia mediante arbitrato irrituale».
Cioe', viene riconosciuta per legge la possibilità di arbitrati individuali, avviati dal lavoratore e dal datore di lavoro al di fuori della predisposizione collettiva della risoluzione delle controversia.
Tuttavia fin dalla sua regolamentazione, il legislatore ha espresso la sua intolleranza verso le decisioni arbitrali delle controversie adottate al di fuori di una scrupolosa osservanza delle norme.
I perduranti divieti di compromettere in arbitri le controversie individuali, da una parte si prefiggono di garantire una posizione paritaria dei lavoratori in un confronto con i propri datori di lavoro, posizione che ancor oggi merita di essere tutelata, ma sono anacronistici alla luce dell’attuazione di metodi più democratici di confronto.
CONCLUSIONE
Si propone quindi, che nelle imprese con un numero di addetti maggiore di 250, all'insorgere della controversia, prima di adire il tribunale il dipendente abbia la facoltà di rivolgersi, in forma del tutta gratuita, ad un conciliatore esterno.
Conciliatore professionista esterno che non è né un rappresentante sindacale, né un rappresentante
dell'azienda e non può nemmeno essere stato un dipendente - a massima garanzia di neutralità rispetto alle parti e d'imparzialità rispetto al possibile risultato;
Se il dipendente si avvale di tale facoltà l'azienda non solo deve sostenere tutti i costi (attualmente gia' l'azienda sostiene i costi dei propri uffici legali interni o esterni), ma è anche obbligata a partecipare alla procedura di conciliazione.
Il dipendente può scegliere tra i conciliatori sull'intero territorio italiano, suddivisi in diverse liste su base provinciale, con disparate competenze professionali: vi sono professionisti, consulenti, avvocati, insegnanti, accademici. Tutti devono avere frequentato corsi di formazione, simulazioni di negoziazioni e condotto almeno dieci casi di conciliazione.
Il dipendente e un rappresentante aziendale con potere decisionale discutono tra di loro le questioni in oggetto in modo aperto e diretto. Due infatti sono i principi cardine: un dibattito senza nessun tramite e la decisione in totale autonomia di quali argomenti trattare e quali problemi risolvere.
Anche il controllo della procedura dall'avvio alla fase conclusiva è totale da parte di dipendente e rappresentante aziendale. In sostanza le parti stabiliscono le regole sommarie secondo cui deve svolgersi il procedimento ed espongono qualunque tipo di riflessione si riveli a proprio vantaggio nel corso del dibattimento. Decidono infine se e come risolvere il problema.
Il conciliatore si limita a facilitare la comunicazione tra le parti e le assiste nella risoluzione finale, in quanto ha esclusivamente il compito di aiutare le parti a trovare un accordo bonario in merito alle vertenze.
Proprio in ragione di quest'ultima peculiarità l'obiettivo ultimo della proposta è quello d'indirizzare le energie e l'interazione delle parti su una linea attivamente costruttiva, così da "trasformare" in senso migliorativo il prosieguo del rapporto di lavoro.
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